
La flipped classroom: un nuovo modo di fare lezione!
Per molti, la scuola è già sotto sopra a causa delle riverse riforme che si sono succedute negli ultimi anni, ma la flipped classroom o classe capovolta non è l’ennesimo tentativo di modificare la scuola dal punto di vista organizzativo, quanto piuttosto un diverso approccio verso l’insegnamento.
Nata negli Stati Uniti ad opera di docenti di matematica e fisica a metà degli anni ’90, questa filosofia nasce con lo scopo di sfruttare appieno le potenzialità delle nuove tecnologie e favorire l’acquisizione dei contenuti attraverso il dialogo, la collaborazione e la sperimentazione tra studenti, facendoli diventare i veri protagonisti della lezione.
Ma come si articola il metodo della flipped classroom? Secondo una definizione forse troppo semplificata, la classe capovolta si fonda su questo concetto: la lezione diventa compito a casa e le ore di lezione diventano un momento di discussione, sperimentazione e dibattito. La realtà dei fatti ci fa vedere che le cose sono, effettivamente, più complesse; il docente, dopo aver selezionato gli argomenti che si prestano a tale attività, prendendo in considerazione la loro complessità, la quantità e la qualità delle risorse a disposizione dei ragazzi, assegna alla classe delle attività che permettono agli studenti di acquisire in autonomia le conoscenze di base riguardo a quel tema. Questa prima fase del lavoro svolta in autonomia permette all’insegnante di non focalizzarsi sulla preparazione di una lezione volta alla spiegazione teorica dei singoli argomenti, ma di organizzare delle attività laboratoriali, di discussione o di approfondimento che permettano ai ragazzi di consolidare le conoscenze acquisite o di fugare eventuali dubbi sorti in fase di studio. In questo modo, l’apprendimento diventa sempre più collaborativo e deduttivo, uscendo così dalla convinzione che il termine “imparare” sia un sinonimo di “memorizzare” e si avvicini sempre più all’idea di “sperimentare” e, quindi, vivere la scuola.
La flipped classroom permette, quindi, di andare al di là delle organizzazioni e divisioni gerarchiche all’interno della classe; sia i docenti che gli studenti, infatti, si pongono sullo stesso piano e sono accomunati da un obiettivo comune: condurre un’analisi di un determinato argomento per condividere le conoscenze che ognuno dei partecipanti possiede o ha acquisito, al fine di affrontarlo da un punto di vista più ampio e considerare aspetti che magari, da una prospettiva soggettiva, non erano stati presi in considerazione o non erano stati acquisiti appieno.
Un altro aspetto non trascurabile di questa filosofia è l’utilizzo consapevole e corretto delle tecnologie. Anche in questo caso, molti diranno che i ragazzi di oggi passano già troppe ore davanti a schermi di smartphone o computer e che stimolarli ad utilizzare questi mezzi potrebbe essere controproducente in quanto vorrebbe dire, in un certo senso, istigare quasi gli studenti a distrarsi. In effetti, però, se è vero che la rete e le nuove tecnologie sono un ambito vastissimo dove si può trovare una vastità di materiale e, perché no, di distrazioni, è anche vero che, se la sessione è stata pianificata correttamente dall’insegnante e non viene semplicemente utilizzata come un’attività “tappa buchi” nel caso in cui non si voglia fare lezione, il docente sarà in grado di indirizzare gli studenti verso fonti, siti e materiali adatti alle loro conoscenze, consoni al contesto e accattivanti. Ad esempio, video e contenuti multimediali possono costituire una valida alternativa alla spiegazione frontale. Essi sono, di fatto, più accattivanti e stimolanti per i ragazzi e possono anche rappresentare una fonte di informazione più fruibile rispetto ai libri o agli appunti per i ragazzi affetti da DSA che avrebbero, quindi, la possibilità di partecipare più attivamente alle attività proposte.
La flipped classroom sta, poco a poco, entrando anche nelle aule delle nostre scuole e in particolare nella scuola secondaria di primo grado. Alcuni docenti, dopo aver effettuato un adeguato percorso di formazione, stanno, infatti, iniziando ad utilizzare questo sistema, anche grazie a piattaforme come la Khan Academy.
Lungi dal voler sostituire l’insegnante, che ricopre e continuerà a ricoprire un ruolo essenziale nel processo formativo degli studenti, la filosofia della classe capovolta potrebbe costituire un passo verso quella che potremmo devinire tutta un’altra scuola.