
Chi è il vero animale?
Introduzione
Nel corso dei secoli, la sensibilità collettiva si è evoluta a tal punto da cercare di garantire sempre più diritti che tutelino il “benessere degli animali”. D’altro canto, però, vi è ancora una grossa parte della popolazione mondiale che non rispetta la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Animale: essa, presentata il 26 gennaio 1978 a Bruxelles ed accolta il 15 ottobre dello stesso anno a Parigi,proclama, in sintesi, che “ogni animale ha diritto a rispetto” e che “l’uomo, in quanto specie animale, non può attribuirsi il diritto di sterminare gli altri animali o di sfruttarli violando questo diritto”.
Purtroppo, ancora oggi per denaro o per insensibilità gli animali sono oggetto di sfruttamento e crudeltà.
Nello specifico, quali sono i principali problemi che l’uomo causa agli animali?
Traffico illegale
Nel corso dei secoli, il commercio di fauna selvatica è riuscito a diventare uno dei più importanti business sul Pianeta, insieme ai traffici di esseri umani, di droga e di armi.
Ciò ha comportato che molte specie hanno iniziato a correre il rischio di estinguersi, a causa del continuo prelievo in natura di esemplari che poi vengono venduti per puro collezionismo o come animali da compagnia. Altre volte, invece, essi ricevono un trattamento addirittura peggiore: alcuni animali, infatti, vengono uccisi per venderne parti che sono utilizzate come trofei (ad esempio ilcorno del rinoceronte, la pelle del coccodrillo, le zampe degli orsi, ecc.) o come rimedi nella medicina tradizionale orientale. A tali fenomeni si collega direttamente un’altra questioneveramente grave: quella del bracconaggio.
Il bracconaggio
Questo fenomeno consiste nella caccia e nella pesca svolte in violazione delle normative vigenti. In poche parole, il bracconiere è colui che spara alle specie protette o, semplicemente, le catturaoppure chi caccia o pesca con modalità e mezzi illegali in aree di divieto. Questi comportamenti criminali costituiscono sempre di più un serio problema, poiché influiscono pesantemente sullaperdita della biodiversità.
Fino al XX secolo, la maggior parte del bracconaggio era definito “di sussistenza”, ovveroconsisteva nell’assunzione di selvaggina o pesce da parte di contadini indigenti per integrare la loro“dieta povera”. Durante il periodo del Medioevo, l’Europa feudale ha visto molti proprietari terrieriessere puniti con la reclusione da parte del re, poiché il bracconaggio era diventato illegale. All’epoca, le ampie distese rurali, nelle quali spesso vi era la presenza di un bosco, erano soggette a leggi speciali, volte a preservare il numero di cervi, di cinghiali e di altre specie di selvaggina: nobili e reali erano soliti cacciare più che per necessità, per semplice diletto. Con la distruzione delle foreste e la conversione di terreni comunali o di proprietà reali ad uso privato, nel XVII e XVIII secolo vennero approvate sempre più leggi che limitavano i diritti di caccia e di tiro. La conseguenza fu che il bracconaggio di sussistenza divenne un’attività più mirata, tanto che durante i secoli XVIII e XIX nacquero sempre di più delle bande di bracconieri, spesso coinvolte in feroci battaglie contro i guardiacaccia.
Al giorno d’oggi, il bracconaggio viene solitamente praticato per scopi perlopiù commerciali, sia nel mercato legale che in quello nero. Proprio per questo esso può rappresentare una seria minaccia per molte specie selvatiche, in particolare quelle protette nelle riserve naturali o nei parchi nazionali: molti animali, infatti, sono arrivati fino al punto di estinguersi.
Ad esempio, in Africa il rinoceronte viene cacciato per il suo corno e l’elefante africano viene massacrato esclusivamente per prelevare l’avorio delle sue zanne; la tigre del Bengala in India ed il gorilla dell’Africa centrale sono stati ugualmente messi in pericolo di estinzione a causa deicacciatori, che operano illegalmente per procurarsi la loro pelle o altre parti del corpo. Inoltre, i pangolini asiatici ed africani sono trucidati per la loro carne e per gli organi, poiché sono apprezzati nella medicina tradizionale asiatica.
Questa caccia indiscriminata ha comportato una drastica diminuzione del numero degli esemplari delle specie suddette, che sono ora elencante tra quelle in pericolo d’estinzione.
Esse, purtroppo, non sono le uniche: vi è mai capitato di sentire l’espressione “shark finning”? Se non sapete cosa sia ve lo spiego subito: è il terribile massacro degli squali nei vari oceani. I motivi di questa mattanza sono principalmente due: i denti e le pinne. Quest’ultime vengono utilizzate nei piatti tipici della cultura asiatica, come ad esempio la famosa zuppa di pinne di squalo. Vi è, però, un fatto sconcertante al riguardo: dopo averle prelevate, la restante parte dell’animale, ovvero più del 90%, viene semplicemente gettata via inutilizzata.
Un’altra categoria di animali uccisa per scopi futili, ma lucrativi, sono i rettili: le pelli di coccodrilli e serpenti sono usate fabbricare borse e suppellettili che finiscono sotto i riflettori della moda.
Sfruttamento intensivo
Un grande ulteriore problema che affligge il mondo animale è lo sfruttamento che l’uomo attua attraverso gli allevamenti intensivi e le pratiche crudeli.
Nei parchi acquatici, nei circhi e nei parchi zoologici spesso vengono detenuti animali strappati dal loro habitat naturale e costretti, fin da cuccioli, ad una vita di reclusione, segnata quasi sempre dal compiere continue azioni contro natura.
Vi sono, poi, le barbarie subite dalle oche, allevate e ingozzate fino a far loro scoppiare il fegato,con lo scopo di soddisfare i “palati più fini” con la produzione del “foie gras“.
Un’ulteriore forma di sfruttamento animale è rappresentata dalle numerose tradizioni o usanze, che sono radicate da secoli nella cultura di alcuni Paesi: al primo posto si trovano le corride in Spagna, un crudele combattimento tra l’uomo (torero) e l’animale, dove il toro viene trafitto a morte dopo essere stato torturato; vi sono, poi, i rodei negli Stati Uniti, nei quali i cavalli o i bovini vengono cavalcati fino allo sfinimento e lo sterminio di un numero enorme di tacchini che, nel giorno del Ringraziamento, finiscono sulle tavole imbandite.
Anche in Italia, purtroppo, le tradizioni comportano la morte di molti animali: per la celebrazione della Pasqua, ad esempio, migliaia di agnelli vengono portati via dalle loro madri e condotti al macello, subendo sofferenze inenarrabili.
Negli ippodromi e nei palii, i cavalli vengono stressati e costretti a correre con ogni tipo di condizione climatica, finendo spesso abbattuti se, a seguito di cadute o ferimenti, non vengono ritenuti più idonei alla pratica.
Le corse degli animali da cortile o da soma si tengono anche nelle sagre, fiere e feste di paese, dove purtroppo è ancora possibile vedere animali vivi in esposizione o in vendita, stipati in gabbie piccolissime.Inoltre, non si può non menzionare la caccia o la pesca intese come “sport venatorio”: in questi casi non solo la selvaggina ci rimette la vita, ma a volte anche gli stessi cani dei cacciatori (vittime dei fucili).
Con l’avvento del turismo, anche i paesi più poveri hanno imparato a trarre profitto dalle risorse animali. Nei Paesi arabi per pochi soldi si possono cavalcare i famosi cammelli e dromedari; in Tailandia, è possibile toccare e fotografare felini e primati incatenati. Vi sono anche i serpenti (tenuti nei cesti) ed elefanti che, per il divertimento del turista, sono costretti a giocare a palla.
Da ultimo si inserisce il circo, nel quale grandi felini, come la tigre o il leone, l’orso, scimmie o addirittura l’elefante sono costretti ad esibirsi compiendo acrobazie che catturano l’attenzione del pubblico, ma che snaturano completamente l‘animale.
Conclusione
Per chiudere il discorso sul fenomeno dello sfruttamento degli animali, che comunque è connotato da una vastità enorme di situazioni e comportamenti scorretti da parte della specie umana, vorrei riprendere due frasi che mi hanno colpito veramente tanto: la prima fu pronunciata dal Mahatma Gandhi, il quale riteneva che “la civiltà di un popolo si misura anche dal modo in cui tratta gli animali”; la seconda, invece, è attribuita allo scomparso Subaraj Rajathurai, consulente per la fauna selvatica e noto ambientalista, che disse a proposito degli umani “se scopriamo una nuova specie, dopo una settimana sappiamo già come usarla”.
Riflettendoci mi è sorta questa domanda: ma allora, chi è il vero animale?